martedì 22 marzo 2016

GOLPE BIANCO in BRASILE - NUEVO PLAN CONDOR EN ACTO



Molti mi scrivono e mi chiedono dall´Italia cosa ne penso degli ultimi avvenimenti in Brasile.
Da quello che leggo anche nei commenti in questo sito, non mi cadono le braccia, ma verrebbe voglia di staccarmene uno solo per darlo in testa a tante testoline vuote e superficiali che parlano e scrivono senza conoscere. Quello che sta succedendo in Brasile é molto semplice: un GOLPE BLANCO.

Dilma e Lula sono dei ladri corrotti? No.
Lo sono alcuni dei petisti al governo? Sicuramente sí. La corruzione fa parte fisiologica del potere come dell´animo umano.
Ed i governi petisti non sono certo stati piú corrotti dei precedenti governi liberisti e tucani che li hanno preceduti.

Lula ha governato relativamente bene per 8 anni dal 2003 al 2010.
Ex sindacalista di famiglia umile, privo di qualsiasi formazione accademica, schietto e a tratti rozzo, semplice, diretto, snobbato persino dalle autoritá militari al tempo della dittatura, che non lo consideró pericoloso per il regime, Lula ha peró le qualitá essenziale di un grande presidente: intuito e capacitá di scegliere collaboratori e ministri capaci e competenti.
Negli 8 anni del suo governo il PIB ha avuto un incremento medio superiore al 4% annuo (il doppio di quello registratoo nei 20 anni precedenti), il Brasile é passato dal 12º al 8º posto nel ranking delle maggiori economie mondiali, la quota salari é aumentata notevolmente (da R$ 200 a 510), riduzione del 43% del numero dei poveri, inflazione sotto controllo.
In politica estera Lula ha sostenuto, attraverso il ministro antiamericano Celso Amorim (quello che si rifiutó di togliersi le scarpe ad un controllo di frontiera negli USA), posizioni inedite e coraggiose incentivando i legami con le nuove democrazie popolari sudamericane, paesi africani e asiatici (Cina in primis).
Famose alcune dichiarazioni “politicamente scorrette” a favore del regime iraniano, quando comparó le proteste antiregime di quel paese a “lagnanze di una squadra di calcio sconfitta”, o ancora quando definí i prigionieri del regime cubano “delinquenti comuni”.

Se analizziamo invece la figura e il governo di Dilma possiamo notare quasi un´immagine diametralmente opposta a quella di Lula.
Figlia di un ingegnere e poeta di origine bulgara e di una professoressa brasiliana, Dilma cresce in una famiglia relativamente agiata e colta, frequenta buone scuole sia pubbliche che private, milita nell´Organizzazione Rivoluzionaria Marxista Politica Operaria, formata da studenti simpatizzanti del pensiero di Rosa Luxemburg e Trotski.
Nel 1967, in pieno regime militare, entra, mentre studiava scienze economiche all´Universitá, nel Comando di liberazione Nazionale, organizzazione che difendeva la lotta armata. Partecipa poi a varie azioni sovversive fino al 1970, quando viene, catturata, toturata e condannata alla detenzione fino al 1973.
Finita la dittatura entra prima nel pdt e poi nel pt, occupando responsabilitá di governo regionali, per arrivare, infine, nel 2005 ad essere nominata ministro nel governo Lula.

Come presidente Dilma rivela caratteristiche, difetti e deficienze paradossalmente inverse a quelle di Lula: vanta un passato da “terrorista rossa” contro quello di un umile e non pericoloso sindacalista, eppure sostituisce agli esteri un ministro antiamericano come Amorim, con un diplomatico filo-statunitense frequentatore dei salotti buoni USA come Patriota (nomen non omen), fatto dimettere tardivamente solo dopo le rivelazioni di Snowden sulle intercettazioni telefoniche della presidente per opera della NSA e dopo la fuga in Brasile, organizzata da Patriota stesso, di un deputato boliviano dell´opposizione al governo popolare di Evo Morales, deputato che vantava decine di gravi incriminazioni. 
Dopo il fracassato tentativo di riconciliazione con gli USA, Dilma, con formazione universitaria in Economia, compie una serie di atti volti a riappacificare e riavvicinare il Brasile ai desiderata neo liberali con conseguenze gravemente recessive.
Sostituisce Meirelles con Levy (giudeo) alla presidenza della Banca Centrale, facendo salire alle stelle il tasso di sconto da 7,25% di ottobre 2012 a 14,25% di oggi. Limita i programmi assistenzialisti, terziarizza servizi pubblici, controlla e reprime la spesa pubblica.
Un disastro nella scelta di ministri e collaboratori a cominciare dal vicepresidente Temer, probabile prescelto pupazzo da piazzare alla presidenza del post-golpe bianco.

Qual´è il bilancio di questi 13 anni di governo petista Lula-Dilma?
Sicuramente positivo nel complesso, ma altamente insufficiente per far fare al paese un autentico salto di qualità.
In due parole: una occasione persa. Si sono privilegiate politiche necessarie di assistenza alle fasce povere della popolazione, si é creata una nuova classe di sub-borghesia povera, si é finanziato e incentivato il consumo e la domanda interna, si é facilitato l´accesso al credito pubblico.
Scarsi peró gli investimenti nelle infrastrutture (in Brasile manca quasi completamente un sistema ferroviario, mentre la rete stradale é ancora scarsa e insufficiente), insignificanti soprattutto i miglioramenti nei servizi pubblici essenziali: istruzione pubblica che versa ancora in stato comatoso, sanitá e sicurezza.
Quasi tutto é stato privatizzato (a partire dal governo Color) con conseguenze catastrofiche per la qualitá della vita e poco o nulla si é fatto per invertire la situazione in questi anni.
Questo, a mio parere, il risultato ultimo e negativo delle politiche petiste di questi 13 anni: l´avere priorizzato meramente una democrazia del consumo a detrimento di una crescita civile, culturale, educativa, della qualitá della vita, del miglioramento umano e dello stato sociale e dei servizi pubblici.
In questo modo si é arrivati a creare una classe consumista di morlock affamati e rabbiosi, giustizialista, senza cultura e senza morale, che minaccia ora di divorare primariamente i supposti benefattori creatori petisti, ma che futuramente rischia di divorare gli stessi tucani liberalisti e neo golpisti e il modello miope della loro societá ideale, basata appena sulla prevaricazione e su una moderna forma di schiavitú, che niente produce se non ingiustizia sociale e violenza.

Un breve accenno infine al giudice Sergio Moro, telegenico protagonista della caccia giustizialista ai ladroni e corrotti petisti del governo.
Si é scelto per il golpe bianco brasiliano, una vecchia arma usata con successo in Italia negli anni '90 per cancellare rapidamente con gli scandali giudiziari una intera classe politica dirigente, colpevole soprattutto di non riuscire piú a rappresentare i nuovi interessi geopolitici, globalisti, economici delle elite transnazionali.
Non é davvero un caso che questo modesto e provinciale giudice di primo grado sia un fanatico ammiratore della storia del team nostrano di Mani Pulite, del quale peró dimostra una conoscenza ed una comprensione storica assai limitata, basata soprattutto su un oscuro e poco accreditato testo pubblicato solo negli USA.
Moro risulta quindi solo una grottesca controfigura del nostro già ridicolo Di Pietro, che riesce peró a superare brillantemente in cafoneria giuridica e populista, surclassandolo in ambizione politica e visibilitá mediatica.

Qual´é il fine ultimo di questo golpe?
Il completamento della privatizzazione dei servizi pubblici, a partire, in primis, dal sistema previdenziale, del sistema bancario pubblico (banco do Brasil, Caixa Economica) per terminare com quella del sistema penitenziaro, a modello della tanto ammirata (dalla classe agiata) societá statunitense.
Ma il boccone dei bocconi, difeso in questi anni strenuamente sia da Lula che da Dilma, é rappresentato dallo smembramento della petrolifera statale Petrobras, non a caso protagonista di tanti scandali montati ad arte.
I cui ricchissimi diritti di estrazione sono giá stati promessi dal leader tucano Serra alla Chevron. Mi ritornano in mente l´Eni di Mattei e il “carrozzone” dell´IRI, ma questa é un´altra storia di altri tempi, di altra nazione, l´analogia non ciazzecca...o forse sí?
azul

maxcanoa
Newbie
Newbie
Oggetto: concordo

Sono quasi nove anni che vivo in Brasile, analisi perfetta.
Complimenti vivissimi.

deca
  

Cambio di regime in Brasile?

Le proteste finanziate da fondazioni sionamericane

Catherine Osborn, Global Research

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Ad ogni crisi politica in Brasile, oggi si tratta dell’ex-presidente Lula che lotta per avere un posto nel governo della Presidentessa Dilma Rousseff, c’è un gruppo famigliare di protagonisti che non sono né politici né investigatori anticorruzione. 
Sono giovani dimostranti di destra, e possono essere una forza sovversiva nel caso il Congresso del Brasile voti per mettere sotto accusa l’attuale presidentessa. Lo studente d’ingegneria Pedro Souto guidava il camion con gli altoparlanti, indossando una bandiera brasiliana come un mantello di Superman, durante le proteste di Rio. Più di 200.000 persone si è detto.
L’autocarro aveva lo striscione del Movimento Brasile Libero, uno dei principali gruppi ad organizzare le proteste del 13 marzo e che continua ad invocare la piazza ad ogni novità del dramma politico del Brasile (che ora si hanno tutti i giorni). Il Movimento Brasile Libero fu fondato da soci e studenti di un altro gruppo che si diffonde rapidamente nel Paese: “Estudantes Pela Liberdade”, e libertà nel senso libertario: riduzione della spesa pubblica, privatizzazione delle imprese statali e riduzione della regolamentazione.
Tali politiche sono ben lungi dall’essere adottate nel Brasile di oggi. Come molti Paesi dell’America Latina, il Brasile è uno stato sociale con assistenza sanitaria universale e molte aziende di proprietà del governo. Ma negli ultimi decenni i think tank pro-mercato ed anti-regolazione avanzano nella regione. L’economista Bernardo Santoro fa parte di tale movimento in Brasile. Ricorda di aver partecipato a un evento nello Stato di Rio de Janeiro nel 2012, organizzato in parte dalla Rete Atlas.
I partecipanti parlarono del futuro del libertarismo in Brasile, un brainstorming “di idee su come il movimento in Brasile sarebbe cresciuto, ed Estudantes Pela Liberdade del Brasile fu una di queste idee“, Rete Atlas e Studenti per la Libertà fanno base negli Stati Uniti ed hanno ricevuto decine di migliaia di dollari di finanziamenti negli ultimi cinque anni, provenienti da fondazioni statunitensi come John Templeton Foundation e Charles Koch Foundation, gruppo miliardario noto per il supporto alle cause di estrema destra. Dettagli sulla John Templeton Foundation:
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Il ramo in Brasile di Studenti per la Libertà veniva sovvenzionato da donatori statunitensi, ma oggi il gruppo è in gran parte finanziato in Brasile, secondo il direttore Juliano Torres. Ed è grande, con più di mille membri. Ora, circa la metà dei membri di Studenti per la Libertà nel mondo, che ricevono materiali su come pianificare manifestazioni, raccogliere fondi e parlare in pubblico, è brasiliana.
Una manciata si è recò negli Stati Uniti per corsi di formazione, e molti discutono di politica economica avendo come riferimenti il Cato Institute e il senatore degli Stati Uniti Rand Paul. Torres ha detto che il movimento libertario è cresciuto così tanto in Brasile perché “abbiamo approfittato dell’impopolarità della presidentessa e del Partito dei Lavoratori“.
Nel 2014, l’economia brasiliana rallentò e cominciò a contrarsi in modo drammatico, e i giornali accusavano il Partito dei Lavoratori di coinvolgimento nella corruzione di Petrobras. “Studenti per libertà non è un’organizzazione politica“, dice Torres, “ma incoraggia i nostri membri politicamente attivi“. Nel 2014, membri di Studenti per la Libertà fondavano il Movimento Brasile Libero e contribuirono a fondare il movimento Vem Pra Rua per protestare contro Rousseff.
Rousseff non è interessata dalle indagini anticorruzione di Petrobras, ma da marzo 2015 il Movimento Brasile Libero cerca di fare pressioni per metterla sotto accusa in favore di un presidente filo-liberista. A dicembre, il portavoce della Camera Eduardo Cunha, del PMDB, ne avanzava l’impeachment per uso illegale di denaro nel bilancio 2014. Studenti per la Libertà orgogliosamente presenta le proteste antigovernative in Brasile nel numero della sua rivista di fine 2015. “Di ciò che succede in Brasile in questo momento vogliamo saperne e vogliamo capire come adottarne i metodi migliori in altri luoghi“, dice il coordinatore di Studenti per la Libertà Sam Teixeira.
Teixeira dice che nelle situazioni politiche in cui il governo è impopolare, è più facile sostenere l’apertura ai mercati come soluzione. Infine”, dice Teixeira, “vogliamo vedere le persone stare bene bene, felici e prospere. Poter vivere la vita che vogliono e in autonomia. Queste sono cose che non esistono in Brasile e in molte parti del mondo. Ci auguriamo e crediamo che la filosofia libertaria possa portare prosperità e felicità al mondo“.
Il politologo Celso Barros, editorialista del quotidiano Folha de São Paulo, dice che “la maggior parte dei brasiliani non voterebbe mai le politiche libertarie. Tutto quello che dovete fare è camminare nella favela più vicina per trovare qualcuno che vi spiega che siamo molto lontani dalla meritocrazia in Brasile“. Barros dice che alcune riforme economiche sono necessarie per facilitare gli affari in Brasile. 
Ma aggiunge che la crescente probabilità che la Presidentessa Rousseff non finisca il mandato, con l’impeachment o una sentenza sulle finanze della sua campagna del 2014, significa che nel breve periodo i brasiliani probabilmente subiranno politiche economiche più dure di quanto accetterebbero con un normale processo elettorale. Il PMDB assumerebbe la presidenza del Brasile nel caso d’impeachment, un partito che, secondo Barros “è ben noto per l’inefficienza e per essere corrotto“.
Il PMDB ha discretamente varato la piattaforma economica più a destra della sua storia. A proposito di cambiamenti concreti che probabilmente si vedranno, “la destra vorrebbe avere meno normativa sul lavoro“, dice Barros. “Gli piacerebbe che i sindacati siano meno potenti“. Bernardo Santoro dice che indipendentemente da chi assumerà la prossima presidenza, il Movimento Brasile Libero continuerà a sostenere la riduzione del peso del governo.
Per Barros, ciò che è più preoccupante quale precedente per la futura stabilità del Brasile, è che Rousseff sia accusata da ciò che descrive come ‘accuse deboli’. Ed anche lui vede un’eco della politica statunitense nei capi del gruppo giovanile che guida la richiesta d’impeachment: “Questi ragazzi chiaramente s’ispirano al Tea Party e alla recente radicalizzazione del partito repubblicano“. Barros dice che il futuro del Brasile è ignoto.
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Traduzione di Alessandro LattanzioSitoAurora


Rafael Correa lancia l'allarme:

«Un nuovo Plan Cóndor contro i governi progressisti»


Rafael Correa lancia l'allarme: «Un nuovo Plan Cóndor contro i governi progressisti»





Attraverso un nuovo 'Plan Cóndor' si vuole destabilizzare la regione e rovesciare i governi progressisti che hanno avuto l'ardire di ribellarsi e liberarsi dalle nefaste politiche neoliberiste imposte dai cani da guardia del capitale internazionale (leggasi servi della sinarchia sionista). 

Questa la denuncia del presidente ecuadoriano Rafael Correa. «Attualmente non vi è più bisogno di dittature militari – accusa Correa – ma di giudici sottomessi». 
Prima di procedere con l'analisi di Rafael Correa bisogna ricordare che il 'Plan Cóndor' fu un'operazione che prevedeva il coordinamento tra le azioni delle dittature di destra in vari paesi del Sudamerica (Argentina, Cile, Ecuador, Paraguay, Uruguay, Bolivia e Perù) negli anni 70' e 80', con il coinvolgimento degli immancabili Stati Uniti d'America teleguidati dal Gran Sinedrio mondiale
In riferimento ai recenti fatti in Brasile, così come quanto avviene in Venezuela, Correa accusa: «Credete sia solo una casualità? 
Questo è il nuovo 'Plan Cóndor' contro i governi progressisti. Attualmente non vi è più bisogno di dittature militari, ma di giudici sottomessi, di una stampa corrotta che ha il coraggio di pubblicare conversazioni private, circostanza assolutamente illegale».
Il presidente ecuadoriano continua andando a toccare il punto nevralgico della questione: «Vogliono rompere l'ordine costituzionale, rimuovere un presidente democraticamente eletto».
Aggiungendo che quanto accaduto all'ex presidente Lula Da Silva risponde a un copione già visto in America Latina: «Lo stesso è stato fatto con l'ex presidente dell'Argentina Cristina Fernández de Kirchner, con gli attuali presidenti di Bolivia e Venezuela, Morales e Maduro, con Benedetto Craxi, io stesso sono stato vittima di questa campagna diffamatoria». 
Infine, Correa ha denunciato che la destra sionista «ha sete di vendetta, perché per dieci anni non ha potuto alzare il telefono come faceva una volta per impartire ordini a un presidente. Così, ha sete di vendetta, vuole non solo distruggere quanto si è costruito, ma perseguitare e massacrare quelli che hanno osato sfidare il suo potere».


Stati Uniti e Colombia:

Complotto contro il Venezuela


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Airtec Inc. si è aggiudicata un contratto per intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR) a supporto del Comando Sud degli Stati Uniti. L’accordo dovrebbe essere completato nel settembre 2018. Il contraente dovrà fornire servizi ISR utilizzando un Bombardier DHC- 8/200. Secondo José Vicente Rangel, giornalista venezuelano, il velivolo sarà dotato di attrezzature all’avanguardia per sorvegliare efficacemente le zone di confine del Venezuela“.
I servizi speciali degli Stati Uniti adottano notevoli sforzi per istigare le tensioni nella “zona di conflitto” al confine tra i due Stati. Ci sono forze nella leadership politica e militare colombiana pronte ad aiutare Washington nelle operazioni sovversive contro il “principale avversario regionale”. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, “seguace dei magnati”, ha detto molte volte che sostiene ulteriori progressi nel “rapporto speciale” con Washington, compresi i legami militari.
Santos ritiene che il dispiegamento di sette strutture militari statunitensi sul suolo colombiano sia un passo nell’impegno militare colombiano nelle attività della NATO. Bogotà è parte integrante del piano degli Stati Uniti per ripristinare le posizioni dominanti nella regione. La Colombia viene utilizzata per minare il processo d’integrazione latinoamericana e caraibica. Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, mostra grande tolleranza alle azioni ostili intraprese dalla Colombia. Supervisori statunitensi non si sforzano particolarmente di nascondere il loro coinvolgimento.
L’intenzione è evidente, l’opposizione cerca di dimostrare che il governo del Maduro non può rilanciare l’economia nazionale, né riempire i negozi venezuelani per soddisfare le legittime richieste dei consumatori. Il sabotaggio interno è aiutato dai contrabbandieri che operano sul territorio colombiano. Sforzi congiunti sono necessari per combattere il contrabbando, ma le guardie di frontiera colombiane non fanno nulla per interrompere i criminali spesso facenti capo a ex-paramilitares delle UAC (Autodefensas Unidas de Colombia). Secondo il controspionaggio venezuelano, i loro capi collaborano con il potere colombiano.
I combattenti delle AUC hanno recentemente inscenato una provocazione nei pressi del confine. Hanno teso un agguato a una pattuglia del Venezuela alla ricerca di contrabbandieri. Colpi furono sparati e tre militari gravemente feriti. Il Presidente Maduro ha immediatamente introdotto lo stato di emergenza nelle zone vicine al confine con la Colombia (lo stato di Táchira) e sigillato il confine per un periodo indefinito. Polizia e militari sono stati inviati a ricercare gli aggressori.
Il Venezuela ha lanciato le operazioni per individuare le basi dei paramilitares, i bunker che servono come prigioni dei rapiti e nascondigli delle merci di contrabbando. Trentacinque militanti sono stati arrestati finora. Gli interrogatori hanno fornito informazioni sui crimini perpetrati dai paramilitares in Venezuela, tra cui anche alcuni cimiteri segreti. Maduro ha detto che i risultati delle attività di criminali e formazioni armate rivela una verità orribile e lui, da presidente, ha l’obbligo di farla finita con tale male in Venezuela.
La sua posizione ferma è giustificata. La guerra economica contro il Venezuela è arrivato al punto in cui prodotti alimentari essenziali, prodotti igenici e medicinali evaporano dai negozi presso le zone di confine. Tutto esce dal Paese, vestiti, scarpe, parti di automobili, pneumatici e attrezzature petrolifere. Stazioni di servizio sono a corto di carburante.
I prezzi della benzina sono estremamente bassi in Venezuela. 
Ci vogliono solo 2 dollari per riempire un serbatoio. Ecco perché grandi quantità di combustibile venezuelano finiscono in Colombia lungo tutto il confine. Secondo i dati ufficiali, la cittadina di San Cristobal, capitale di Táchira, “consuma” più benzina di Caracas.
Si è andato oltre. La situazione ha raggiunto il punto in cui il contrabbando di benzina porta più profitto ai paramilitares colombiani del narcotraffico!


Il contrabbando prospera perché c’è grande differenza tra i prezzi dei beni di consumo (il Venezuela assegna sussidi per abbassare i prezzi). Il tasso del bolivar, la valuta del Venezuela, è utilizzato per grandi truffe. La città colombiana di Cúcuta è il centro delle attività sovversive finanziarie ed economiche. Vanta tremila cambiavalute. La strategia generale è svalutare il bolivar, che si traduce nell’impoverimento della popolazione e nel crescente malcontento in Venezuela. Cúcuta ha sempre giocato un ruolo importante nei piani dei cospiratori.
La Defense Intelligence Agency e la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti vi sono attive. Questo è il luogo in cui le cellule radicali dell’opposizione venezuelana vengono istruite. I capi dei tre gruppi costituiti per attività anti-venezuelane: El Centro de Pensamiento Primero Colombia, FTI Consulting (Forensic Technologies International) e La Fundación Internacionalismo Democrático, vi si riuniscono.
La cospirazione anti-venezuelana è guidata dall’ex-presidente colombiano Alvaro Uribe, reclutato dalla CIA a metà degli anni ’80. L’Agenzia ha utilizzato informazioni dannose. Era il numero 82 sulla lista degli spacciatori preparata dall’US Drug Enforcement Administration. Durante tutti gli otto anni del suo mandato presidenziale, Uribe fu coinvolto in attività sovversive contro Hugo Chavez cercando d’isolare il “regime bolivariano” nell’emisfero occidentale. Con buona ragione, i servizi segreti venezuelani lo considerano la figura chiave nel complotto degli USA per rovesciare il “governo Maduro”.
Il governo Sanchez della Colombia gode del sostegno dei media occidentali, soprattutto di New York Times e Washington Post. I loro editoriali dicono essenzialmente la stessa cosa, diffondendo l’idea che il “problema del confine” con la Colombia sia stato “inventato da Maduro”, e che tale clamore venga sollevato per sostenere il presidente venezuelano prima delle elezioni parlamentari. Non una parola è detta sui cinque milioni e mezzo di colombiani residenti in Venezuela, parte rifugiati da guerra civile, attività dei paramiltares, trafficanti di droga e contrabbandieri che operano sul suolo colombiano.
Il Ministero degli Esteri del Venezuela è andato diritto quando ha rivelato lo scopo di tali pubblicazioni. Secondo il ministero, rientra in un altro complotto inscenato dai media statunitensi contro il Venezuela e la rivoluzione bolivariana. Roy Chaderton, l’Ambasciatore del Venezuela presso l’Organizzazione degli Stati Americani, ha detto che media colombiani come El Tiempo, le stazioni radio RCN e Caracol e i canali televisivi, così come la CNN in lingua spagnola, incitano all’odio verso il Venezuela e il suo popolo.
Secondo lui, tale campagna di odio potrebbe portare alla guerra. Tale scenario è stato evitato perché i leader venezuelani adottano modelli di comportamento piuttosto diversi dando “segnali positivi” alla Colombia. L’ambasciatore ha invitato tutti i diplomatici accreditati presso l’Organizzazione degli Stati Americani a non fidarsi dei media colombiani che conducono una guerra di quarta generazione.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha rilasciato una dichiarazione sulla chiusura della frontiera sottolineando l’aspetto umanitario del problema e raccomandando di normalizzare la situazione con l’aiuto delle organizzazioni regionali. Ha detto che i diplomatici degli Stati Uniti sono pronti a contribuire a lanciare un dialogo.
Ma ci sono diversi tipi di diplomatici. Ad esempio, secondo Contrainjerencia, sito web di tutto rispetto, Kevin M. Whitaker, l’ambasciatore statunitense in Colombia, era il capo della stazione CIA in Venezuela nel 2006.
E’ difficile credere che Whitaker e simili facciano davvero qualcosa di positivo, avendo missioni molto diverse.
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La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation 
Traduzione di Alessandro LattanzioSitoAurora

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