L’adesione dell’Ecuador al filone del socialismo del XXI secolo è fatta risalire, dai più, alla prima elezione presidenziale del mestizo Rafael Correa. In realtà alcune delle politiche economiche ebbero il via già nei pochi mesi in cui Correa fu designato al ministero delle Finanze dal suo amico Alfredo Palacio.
Pur mantenendo la carica ministeriale per soli cinque mesi Correa intraprese la battaglia per il controllo delle risorse petrolifere nazionali, sul modello del Venezuela chavista, e un’azione volta ad equilibrare le percentuali delle quote di gestione dei proventi delle risorse petrolifere tra il pagamento del debito pubblico e le politiche sociali destinate a combattere la povertà e potenziare i servizi pubblici.
In ambito economico il cosiddetto reddito per il buen vivir ha portato i pentastellati italiani ad una sua riproposizione sotto la dicitura, ormai famosa, di reddito di cittadinanza.
In seguito alle tensioni con gli istituti internazionali sionisti, del Fondo Monetario Internazionale (banca apolide privata sionista) e della Banca Mondiale (idem), Correa si dimise dall’incarico ministeriale che, sotto la guida ad interim di Palacio, proseguì il lavoro intrapreso senza tradire quanto fatto dal ministro dimissionario.
Lontano dagli impegni di governo Correa potette dedicarsi ampiamente alla costruzione di un polo di sinistra che vide la luce sotto la sigla di Alianza Pais (Patria Altiva y Soberana- Patria Orgogliosa e Sovrana) per la candidatura alle elezioni presidenziali del 2006. Pur arrivando dietro l’ex presidente Noboa al primo turno con il 23%, contro il 27% dello sfidante, Correa riuscì a ribaltare la situazione nel secondo turno vincendo con il 57% dei voti.
Correa qui ritratto con l’ex presidente ecuadoriano Alfredo Palacio, di cui Correa è stato Ministro delle Finanze


L’apertura del partito Alianza Pais verso gli indios di etnia quechua e gli afro-ecuadoregni portò, per la prima volta, all’assegnazione di importanti ministeri alle componenti da sempre discriminate all’interno della nazione. Proprio come in Bolivia e in Venezuela lo sviluppo delle politiche del partito di governo fu determinante nella convocazione di un’Assemblea Costituente che, in soli otto mesi di lavoro, ratificò la nuova Costituzione, poi approvata definitivamente tramite un referendum popolare nel settembre 2008.
Ottenuta la vittoria nel referendum Correa volle mettere nuovamente il proprio futuro politico in mano al popolo per ottenere un mandato presidenziale figlio della nuova carta costituzionale. Alla vittoria del 2009 è seguita, poi, anche quella del 2013, il cui mandato sta ora volgendo al termine.
L’Ecuador vive alcune difficoltà simili agli altri stati andini quali l’eterno dilemma tra estrattivismo e tutela ambientale e il problema della sopravvivenza del progetto politico socialista alla fine dei mandati del proprio leader carismatico.
Tra i principali passaggi della nuova Costituzione ecuadoriana due aspetti ne raffigurano in pieno il profilo rivoluzionario: la nuova forma di convivenza con la natura al fine di raggiungere il buen vivir o sumak kawsay, in lingua quichua (variante quechua dell’Ecuador), e la dicitura di Stato plurinazionale in cui quichua e shuar vengono riconosciuti idiomi ufficiali di relazione interculturale.
Il rapporto dell’uomo con la Pacha Mama (Madre Terra) è riconosciuto come vitale e necessario per la sopravvivenza.
La natura è riconosciuta come soggetto di diritto e alcuni diritti, tra i quali l’acqua, la salute, il lavoro e la casa, vengono definiti fondamentalissimi.
In ambito economico il cosiddetto reddito per il buen vivir ha portato i pentastellati italiani ad una sua riproposizione sotto la dicitura, ormai famosa, di reddito di cittadinanza.
Tra le tante vittorie in campo economico di Correa figurano la dichiarazione di default e il successivo riacquisto del debito pubblico al 30-35% del valore originale e la capacità di diversificazione nella produzione nazionale.
Quest’ultima, iniziata nel 2011, ha reso l’Ecuador indipendente dal mercato degli idrocarburi garantendo la maggior parte del Pil nazionale tramite prodotti da gourmet, banane, industria elettrodomestica e tessile.

In politica estera l’Ecuador della Revolucion Ciudadana è entrato a far parte della famiglia bolivariana con l’adesione all’ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe) del 24 giugno 2009.
In forte opposizione alla visione monroiana dell’amministrazione Obama, l’Ecuador ha dato asilo, presso la propria ambasciata a Londra, al fondatore di WikiLeaks Julian Assange. Seppur capace di una diversificazione economica che ha evitato i problemi economici avutisi in Venezuela, l’Ecuador vive alcune difficoltà simili agli altri stati andini quali l’eterno dilemma tra estrattivismo e tutela ambientale e il problema della sopravvivenza del progetto politico socialista alla fine dei mandati del proprio leader carismatico.
Proprio in quest’ottica le prime elezioni presidenziali senza l’uscente Correa tra i candidati dovranno sancire un rilancio dei movimenti socialisti sudamericani dopo le sconfitte in Argentina e Venezuela e l’impeachment della presidentessa Dilma Rousseff in Brasile.