lunedì 22 maggio 2017

CONTRORDINE COMPAGNA LALITA RAMDAS, il pianeta è sempre più verde!!!


Il Pianeta e' piu' 'verde' di quanto si pensava
L’attualità scientifica e’ raramente prodiga di buone notizie per l’ambiente, la natura, la biodiversità ed, in definitiva, l’umanità. Conviene quindi rallegrasi dell’annuncio fatto, giovedì 11 maggio, da un’équipe internazionale di ricercatori sulla rivista scientifica Science.
Viene evidenziato che la copertura boschiva del Pianeta sarebbe di circa il 10% piu’ estesa che non quanto avevano fatto conoscere le rilevazioni precedenti. Questa revisione verso l’alto riguarda le foreste delle zone aride, fino a questo momento mal inventariate.
Le formazioni silvestri, che sono presenti in circa 4 miliardi di ettari, sono nel 30% della superficie delle terre emerse. Le immagini che abitualmente sono utilizzate per evocarle, sono quelle di lussureggianti foreste tropicali, rustiche foreste boreali o delle piu’ ragionate foreste temperate. Ma le zone aride -quelle dove l’evaporazione e’ superiore alle precipitazioni annuali- che rappresentano un po’ piu’ del 40% della superficie continentale, non ne sono sprovviste piu’ di altre.
Questa osservazione concerne un largo ventaglio di contesti climatici, dalle terre cosiddette “sub-umide secche” -principalmente costituite dalla savana sudanese, dalle foreste e dalle praterie dell’America del sud, dalle steppe in Europa dell’est e nel sud della Siberia, nonche’ dalle praterie in Canada- alle regioni “iper-aride”, dove domina il deserto, essenzialmente quello del Sahara e dell’Arabia. E’ sicuramente la prima categoria, la meno arida, dove si provano delle famiglie arboree.
Immagini a risoluzione molto alta
Per valutare la loro estensione, una trentina di scienziati di tredici Paesi ha guardato al microscopio delle immagini satellitari ricavate da Google Earth, coprendo piu’ di 210.000 appezzamenti di 0,5 ettari ripartiti sull’insieme del Globo.
“Le valutazioni precedenti si rifacevano a metodi classici di telemonitoraggio, con una risoluzione spaziale media da 30 a 250 metri che non permetteva di differenziare chiaramente la vegetazione del suolo”, spiega il primo autore dello studio, Jean-Francois Bastin, ricercatore associato all’Universita’ Libera di Bruxelles e consulente dell’Organizzazione Onu per agricoltura e alimentazione (FAO).
“Le zone aride hanno una vegetazione specifica, che si adatta spesso alla siccita’, perdendo le proprie foglie durante una gran parte dell’anno, cosi’ da ridurre l’evapotraspirazione”.
La sua équipe ha utilizzato delle immagini a risoluzione molto alta, che offrono un grado di precisione inferiore ad un metro. E' apparso cosi’ che le regioni aride nascondono un totale di circa 1,1 miliardi di ettari di foresta, cosi’ come la definisce la FAO: una parte in cui almeno il 10% della superficie e’ coperta da una calotta, fatta di foglie di alberi, a condizione che questa parte non sia coltivata o soggetta ad altre attivita’ umane.
“Un lavoro molto innovativo”
E’ un’estensione comparabile a quella delle foreste tropicali umide. Meglio, si tratta di circa due terzi di formazioni vegetali dense -foreste “chiuse”-, dove il fogliame copre almeno il 40% del suolo.
Nel dettaglio, i territori boschivi sono i piu’ sviluppati a sud del deserto del Sahara, nella parte sud dell’Africa, attorno al Mediterraneo, in Russia, nel centro dell’India, sulle coste australiane, nell’ovest dell’America latina, nell’est del Brasile, nel nord del Venezuela e della Colombia, nonche’ al centro del Canada.
Questo censimento al microscopio fa crescere di 467 milioni di ettari la superficie fino ad oggi attribuita alle foreste delle zone aride, un’estensione di circa un decimo dell’insieme del patrimonio boschivo del Pianeta, portato in un solo colpo a 4,3 miliardi di ettari.
“Si tratta di un lavoro molto innovatore e molto interessante, commenta Jérome Chave, direttore delle ricerche al CNRS (laboratoire Evolution et diversité biologique di Toulouse), che non ha partecipato a questo studio. La combinazione dei dati ad alta risoluzione spaziale con i metodi di analisi rapida e massiccia, permette di ottenere una visione globale delle foreste delle zone secche”.
Anche se, aggiunge, “si puo’ discutere sulla definizione di foresta fatta dalla FAO, che copre delle realta’ molto diverse senza distinguere la copertura forestale continua da quella frammentata”, Questa definizione e’ ai suoi occhi “piu’ politica che ecologica”: essa tende a sottolineare le problematiche del settore forestale per i Paesi in via di sviluppo.

“Meglio comprendere il ciclo del carbone”
Il fatto che il Pianeta ci appaia ormai piu’ verdeggiante non deve pero' portarci a relativizzare le devastazioni della deforestazione. Ne’ a pensare che grazie a questo patrimonio silvestre sconosciuto, lo stesso potrebbe portare vantaggi alla CO2.
“I nostri risultati contribuiscono semplicemente a meglio comprendere il ciclo globale del carbone”, spiega Jean-Francois Bastin. In particolare a risolvere in parte il mistero dei “pozzi mancanti di carbonio”.
Gli scienziati stimano che in effetti piu’ della meta’ della CO2 emessa dalle attivita’ umana, si accumula nell’atmosfera, il resto si ripartisce quasi in egual misura tra gli oceani e le zone continentali. Facendo il bilancio di questi cambi, gli esperti constatano che esistono dei depositi di carbone terrestre non identificati. Le foreste delle regioni aride sono senza dubbio uno di questi luoghi, fatto che non produce per il momento della CO2 supplementare.
“I nostri lavori devono soprattutto portare a realizzare dei programmi di conservazione e di restaurazione della copertura boschiva delle regioni povere, che possono svolgere un ruolo importante nella lotta contro il cambiamento climatico, la desertificazione e la perdita di biodiversita’”, precisa il ricercatore.
Secondo la FAO circa 2 miliardi di persone vivono in questi territori desertici, dove gli alberi forniscono frutti e foglie per il cibo e per il foraggio degli animali, cosi’ come legna per cucinare e riscaldare. Le estensioni di acacie, di eucalipti o di baobab che sono state scoperte, sono un bene prezioso, da preservare e non dilapidare.

(articolo di Pierre Le Hir, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 12/05/2017)

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