sabato 1 luglio 2017

DE PROFUNDIS X un'agricoltura oramai un ricordo......

CETA, ovvero il Ttip nascosto che

condanna a morte la nostra agricoltura

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Alla fine dell’agosto scorso ho scritto un post avvertendo che con il Ceta tra Canada ed €uropa, si voleva attuare il Ttip in forma surrettizia e indolore, permettendo alle oligarchie europee di bypassare  la massiccia avversione contro il sedicente trattato commerciale che si voleva stipulare con Washington, senza tuttavia rinunciare alla natura politica di natura reazionaria e antidemocratica che si voleva attuare.

Nulla da allora è cambiato se non il fatto che adesso il Ceta arriva all’approvazione dei parlamenti nazionali senza una visibile opposizione popolare e decretando il successo dell’operazione cavallo di Troia che è stato imbastita dalle oligarchie brussellesche.
Innanzitutto il trattato commerciale con Ottawa, ha gli stessi contenuti di quello che si voleva fare con gli Usa: anch’esso contempla la facoltà delle grandi imprese di fare causa ai governi che dovessero danneggiare i loro interessi attraverso leggi a tutela dell’ambiente, della salute, del lavoro, dei cittadini il che precostituisce un precedente per il definitivo abbattimento della democrazia.
Certo il Canada fa molto meno paura degli Usa anche se le sue potenzialità agricole sono tali da far temere la distruzione finale dell’agricoltura europea per la felicità delle grandi aziende alimentari con i loro prodotti omologanti. Già un anno fa il pizzicagnolo del renzismo Oscar Farinetti aveva preparato il terreno al Ceta impegnandosi in un assist nei confronti del grano canadese, proprio lui che finge di andare a cercare il locale e il gourmand (qui).

Ma questo è ancora il meno: il Canada infatti è strettamente legato agli Usa con il Nafta, un accordo del tutto simile a quello transatlantico e ospita sedi ufficiali di moltissime multinazionali Usa, per cui il Ceta finirà per rivelarsi un Ttip indotto per osmosi, ovvero una nuova dose di globalizzazione selvaggia e di distruzione della democrazia.
Già da ora, grazie all’opera instancabile di un parlamento illegittimo, i consumatori italiani potranno progressivamente dare l’addio alle tutele alimentari le quali a partire dal momento in cui il trattato verrà approvato, cominceranno ad essere considerate come un indebito ostacolo ai profitti delle multinazionali e dunque passibili di processi di fronte a tribunali formati da lobbisti. 
Ogm a catinelle, polli al cloro, carni all’ormone selvaggio, mega ortaggi insapori saranno inarrestabili causando per giunta lo scasso finale del nostro settore agroalimentare, il quale sopravviverà solo in prodotti di nicchia acquistabili esclusivamente  dai ricchi.
Non ha alcuna importanza dire che ogm o carni agli ormoni non fanno direttamente parte del Ceta, anzi si tratta di un vero e proprio inganno:  il trattato introduce nelle norme U€ relative alla sicurezza alimentare le regole sanitarie e fitosanitarie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, dettate in sostanza dagli Usa, già utilizzate in passato con successo per attaccare  in sede internazionale, proprio le normative €uropee.
Domani potranno contare anche sulla persuasione delle multe.

Secondo i pensierini grossolani della Commissione €uropea, neo liberista e neo primitivista, l’arrivo dei prodotti agroalimentari canadesi potrà contribuire a mantenere bassi i prezzi a beneficio dei consumatori, mentre l’agricoltura UE trarrà benefici dalla possibilità di esportare alimenti di alta qualità a beneficio dei canadesi più abbienti.
Si tratta di ragionamenti idioti e fuori di senno, compitini da liberisti elementari  intanto perché proprio i più abbienti già utilizzano questi prodotti di qualità senza spaventarsi per qualche soldo di dazio ( per i Paesi €uropei sono già bassi) e poi perché il Canada ha una popolazione dieci volte inferiore a quella europea, il che significa che i produttori di altra qualità in €uropa sono probabilmente più dei consumatori benestanti canadesi.
A questo si aggiunge il fatto che la superficie media delle aziende agricole canadesi è circa venti volte più grande di quella europea (315 ettari contro 16) che di fatto mette fuori gioco i nostri agricoltori con costi di produzione più bassi.

Qui di seguito una sorta di tabella che mostra visivamente l’abominio costituito dal Ceta:

  • Il Canada è il maggior produttore al mondo di Ogm e i non c’è alcun obbligo di segnalarli in etichetta, il che al di là di ogni considerazione, ci dà la certezza di ricevere prodotti inquinati dai glifosati e dalle micotossine.
  • Gli standard delle aziende agroalimentari canadesi sono inferiori a quelli imposti nella U€
  • Il Canada non impone agli allevatori di bestiame standard minimi di benessere animale riconosciuti invece nel nostro continente
  • In Canada il pollame e la carne bovina vengono igienizzati, dopo la macellazione, con un risciacquo di acqua e candeggina: una pratica che l’U€ non consente, dato che essa affida l’igiene delle carni macellate al rispetto di una serie di procedure relative ad ogni fase della lavorazione
  • Il Canada permette l’uso di ormoni della crescita per l’allevamento dei bovini, l’uso della ractopamina – un promotore della crescita – nell’allevamento di maiali, tacchini e bovini; talvolta permette anche l’uso di antibiotici come promotori della crescita. Nell’U€ queste pratiche sono vietate per salvaguardare la salute umana.
  • Le denominazioni geografiche d’origine dei prodotti sono completamente sconosciute in Canada come negli USA, essendo notoriamente analfabeti alimentari......

E’ inutile illudersi o fingere di credere alle buone intenzioni: in poco tempo tutto questo sarà giocoforza accettato anche da noi, come lo sono state le imposizioni del Wto anche perché altrimenti il trattato stesso non avrebbe senso, mentre per quanto riguarda i prodotti di qualità che dovremmo esportare sotto protezione essi sono soltanto 175 su alcune migliaia di Dop e Igp continentali di cui 1.500 italiani, ma godono di un presidio pressoché nullo visto che chi già oggi in Canada produce feta, fontina, gorgonzola, asiago, parmesan (la trasformazione del nome è dovuta solo all’inettitudine linguistica anglosassone), mortadella – sono solo esempi – potranno continuare a farlo e lo stesso vale per chi ha soltanto depositato dei marchi.
In futuro nuovi eventuali produttori dovrebbero essere costretti ad usare l’espressione “tipo” o “stile”, ma si tratta in realtà di un truffone: poichè i prodotti di eccellenza, ovvero i Dop e Igp sono composti di più nomi a loro basterà usarne solo uno per essere in regola.
Ad esempio non potranno scrivere mortadella di Bologna, ma mortadella e Bologna sì, non Prosciutto di Parma, ma Prosciutto o Parma sì,  non cotechino o zampone di Modena, ma cotechino o zampone sì, non riso nano vialone Veronese, ma riso Veronese o riso nano sì. Senza contare le infinite possibilità di inglesizzazione o semplicemente la facoltà di aggiungere al nome del prodotto l’aggettivo Canadese che comunque non toglie del tutto l’appetibilità di un prodotto tipico.

E’ evidente che il colpo da dare alla democrazia attraverso l’introduzione di trattati commerciali che in realtà ratificano la facoltà delle multinazionali di fare legislazione con il pretesto della protezione degli investimenti, è più importante dell’agricoltura che peraltro ormai garantisce pochi voti. 
Del resto l’ottusità a tutta prova di alcune filere di produzione “nobile” si illudono di vendere chissà cosa in più, viene in aiuto a questi piani: quando dopo aver ballato due o tre anni si accorgeranno che sarà il parmesan a vincere e non loro, capiranno l’errore. Troppo tardi ovviamente, ma chi è causa del suo mal pianga se stesso.
State tranquilli, noi abbiamo Beppe, fidatevi di lui .......

deca

FARINETTI colto con le mani in pasta

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Il marcio prima o poi viene galla, anche se non ci si fa nemmeno più caso e molti ipnotizzati lo scambiano per spuma delle onde. Ma più che il marcio l’universo di menzogne e di ideologismi, di potere e di cinismo dal quale esso nasce e che crea un mondo deformato dove ogni cosa ha senso solo e soltanto in relazione al profitto. Un esempio minimo, ma chiarissimo di quello che intendo è l’outing cerearicolo di Oscar Farinetti, l’amico di Renzi, il modello prediletto di quell’imprenditoria vuota che è la stella polare del premier, lo stampo in grande del suo stesso ambiente e dei suoi istinti.  Come forse molti avranno sentito l’imprenditore ( che in realtà di nome fa Natale, ma si è ribattezzato Oscar, de gustibus) ha detto che il grano italiano è una schifezza, inadatto a fare la pasta e che bisogna approvvigionarsi di frumento ogm dal Canada dove se ne produce tanto e della qualità giusta per il maccarone, cosa per la quale il Ttip è una mano santa.
Ora è piuttosto strano che il luogo dove è nata la pasta non produca il grano adatto, anzi diciamo che è una vera cazzata, detta da uno che di cibo non capisce una minchia come del resto ci si aspetta da chi ha curato l’impresa paterna Unieuro, (“l’ottimismo è il profumo della vita!, ricordate?) appropriandosi poi di un’eredità marginale e mai coltivata in proprio, ma certamente i costi e il prezzo non sono confrontabili con le grandi produzioni di massa del nord america: quindi la questione riguarda più da vicino il profitto che la qualità.
Se finora è stata importata la metà del grano duro necessario tanto vale smantellare la produzione italiana e importare tutto, magari anche un grano che fornisce pasta molto diversa da quella originale e più simile al gusto americano che a quello nostro. Con la conseguenza a medio termine che non avrà più alcun senso comprare a costi alti la pasta italiana visto che è uguale a quella prodotta worldwide.
Ma a Farinetti non interessa il futuro, bensì l’immediato presente. Il fatto è che questo figlio di papà, nato con la pappa, anzi anzi con la pasta fatta, è assurto a gloria nazionale con l’idea di Eataly, ovvero con centri dove si smerciano a costo elevato prodotti di nicchia, produzioni artigiani o presunte tali e insomma tutto il birignao medio borghese emergente del mangiar bene che una volta si sostanziava nell’andar dal contadino o mangiare nella trattoria da camionisti e poi nell’adorazione degli chef: cibo griffato, destinato a chi vuol darsi un tono e non avendo educazione al gusto vuole la garanzia della firma e il visto di autenticità.
Spesso anche se non sempre, si tratta di pura speculazione, di operazioni acchiappa citrulli, ma sta di fatto che Farinetti ha cavalcato l’onda del cibo di nicchia e le suggestioni della tradizione, intuendo perfettamente lo spirito del tempo, ma adesso improvvisamente e forse per l’esaurirsi di questa spinta, si libera dei panni che gli hanno fruttato bei soldini e  si converte alle produzioni di massa. E diventerà il leader della pasta di Gragnano (possiede il pastificio Afeltra) con grano ogm canadese, brevettato dalla Monsanto per resistere agli erbicidi con glifosato, recentemente dichiarato cancerogeno dall’Organizazione mondiale della sanità e coltivato su appezzamenti di terreno comprati da società saudite.

La conversione di Farinetti al grano canadese venuta l’altro giorno subito dopo le limitazioni poste all’uso dei glifosati da parte del ministero della salute e le sue insistenze sul Ttip ( e sul Ceta un analogo accordo col Canada) che cominciano già a giugno scorso, forse non sono casuali: Berlino ha buttato sul piatto del trattato transatlantico l’acquisto di Monsanto da parte della Bayer, anche se la cosa non può essere dichiarata pubblicamente visto che il 90% dei tedeschi è avverso all’uso dei glifosati. Ma certo una volta in vigore il Ttip la Monsanto Bayer potrebbe agevolmente chiedere ed ottenere la revisione di ogni legislazione prudente o contraria agli ogm e sopratutto agli erbicidi di questa classe cui spesso è correlata la variazione genetica apportata a mais e cereali perché vi resistano.
Tanto più che essendo ormai la Monsanto europea costringerebbe tutti i Paesi membri ad adeguarsi automaticamente. A questo approda alla fine il progetto chic e sciocc di Eataly; avremo anche il glifosato di nonna Clotilde fabbricato con la cura e le attenzioni di una volta? Il personaggio degli appalti senza gara e dei licenziamenti facili, dei salari da fame nei presunti altarini del mangiar bene, ne sarebbe capace, perché invece di essere un tempio del cibo italiano, la sua impresa che ormai declina verso l’hamburgheria  ostentata, ne è la negazione più clamorosa, il suo annegamento verso la standardizzazione made in Usa. Ed è stata l’ennesima vera bugia che ci siamo raccontati.


deca

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