lunedì 23 ottobre 2017

ILLUSIONE DELL' IO INDIVIDUALE


L’ILLUSIONE DELL’IO INDIVIDUALE

Nell’esperienza ordinaria siamo abituati a distinguere tra un Soggetto ed un Oggetto: io guardo un albero e “stabilisco” che io sono il Soggetto e l’albero è l’Oggetto. Ad un attento esame è però facile notare che entrambi siamo parte di una rappresentazione mentale, al di fuori della quale è impossibile uscire. 
All’interno di questa Rappresentazione, ci sono io e tutto ciò che io reputo essere “fuori” di me. L’Errore consiste nel mio identificarmi solo con un lato della Rappresentazione, quello che definisco col nome di “io”. L’Essere reale non è dunque l’io, ma il Testimone dell’intera Rappresentazione della quale l’io è solo una delle parti. 
Dobbiamo dunque riconoscere che siamo precipitati in una realtà illusoria che crea la convinzione d' un io individuale e d' una realtà esterna all’io. Il Testimone è prigioniero di questa realtà illusoria la cui natura caotica è ordinata dalle categorie, altrettanto irreali, del Tempo e dello Spazio. 
Gli oggetti non sono dunque che pensiero, ma laddove c’è un oggetto, sorge necessariamente il soggetto e l’illusione della dualità. Pensante, pensato e pensiero sono solo tre aspetti di un’unica realtà. 
Quindi l’io empirico, per dirla in termini buddhistici, è vittima dell’Ignoranza metafisica (Avidya) per cui non riconosce che tutto è pensiero, un pensiero senza soggetto ed oggetto. Buddha asseriva che era una inutile perdita di tempo indagare sulla natura metafisica di queste considerazioni, ma che bisognava dirigere tutto il proprio sforzo a liberarsi da questa condizione: se un guerriero è gravemente ferito con una freccia conficcata nel corpo, non si mette a chiedere chi ha scoccato la freccia, chi era suo padre, chi era sua madre, se fosse ricco o povero etc.etc… ma ogni suo sforzo deve essere concentrato ad estrarre la freccia. 
Il primo passo per liberarsi da questa condizione consiste nella reale acquisizione della cosapevolezza che tutto è mentale, che non vi è nulla di esterno alla mente. Il punto più difficile da superare è la convinzione che esistano molti “io” che hanno la medesima rappresentazione, cioè molti e diversi esseri senzienti. 
In realtà, come dice Fichte, nel momento dell’Errore in cui l’Io pone se stesso, nasce immediatamente il Non-Io e l’Io, limitato dal Non-Io, si frammenta nella molteplicità degli esseri senzienti.
Quella che le grandi Tradizioni Esoteriche chiamano “Caduta” è quel processo al di fuori del tempo a causa del quale il Testimone precipita nelle tenebre della Rappresentazione mentale e vi resta invischiato. Il cammino verso la Liberazione non ci sarà dunque indicato da nessuna Religione, ma è una Scienza, una Scienza molto antica e reale, in quanto, nella storia dell’Umanità, alcuni uomini lo hanno percorso per intero ed hanno raggiunto il traguardo. 
Diceva Asanga, il fondatore della scuola Yogacara: “Come dunque è cresciuta questa strana follia del mondo che fa sì che l’uomo si ostini su ciò che non esiste, trascurando completamente ciò che è?”

Per chi volesse approfondire queste tematiche, segnalo gli articoli:



https://giuseppemerlino.wordpress.com/2010/10/20/la-scienza-segreta/


deca

PRIMI PASSI SULLA VIA INIZIATICA


Il punto centrale di ogni insegnamento esoterico è che non vi è nulla di esterno alla propria mente. Anni ed anni di progresso spirituale dell’adepto iniziato conducono lentamente verso questa consapevolezza. L’uomo comune vive proiettato verso l’esterno, convinto dell’esistenza di un mondo al di fuori di lui.
Secondo le Dottrine Tradizionali questa convinzione è dovuta all’ “ignoranza” intesa come l’errore che crea la distinzione tra Soggetto ed Oggetto e la credenza dell’esistenza di un io individuale, separato dal mondo. L’Uomo ordina la sua esperienza mentale mediante le categorie dello spazio e del tempo che non hanno alcuna realtà oggettiva e sono le più difficili da spezzare: sono i pilastri della prigione mentale nella quale siamo prigionieri.

Quando nell’Adepto sorge la Consapevolezza, in lui si distrugge la credenza nell’io individuale e nell’esistenza di un mondo esterno separato dall’io. Egli si fonde con l’unico Principio Universale. Questo stato che egli raggiunge viene chiamato “illuminazione” o “liberazione”. 
La via per giungere a questa liberazione è stata indicata da pochi uomini che hanno raggiunto il traguardo è che hanno tentato, per compassione, di indicare il sentiero all’umanità. Questi uomini non hanno mai scritto niente perchè il loro insegnamento non è trasmettibile con le sole parole. La conoscenza teorica più sopra esposta non serve a niente: l’Adepto deve giungere alla conoscenza reale.
Spesso purtroppo sulla figura di questi uomini sono state costruite Chiese e Religioni che hanno sempre avuto un effetto nefasto per il progresso sul sentiero della conoscenza. E’ bene chiarire che, in questo quadro, la parola “Dio” non ha alcun significato ed altro non è che una delle tante parole inventate dall’Uomo. 
Per restare nella Tradizione Occidentale citiamo la famosa frase di Gesù riportata nel Vangelo di Tommaso: “Il Regno dei Cieli è dentro di voi e fuori di voi. Colui che trova il senso segreto di queste parole non assaggerà la morte”.
Tutta la monumentale opera delle Upanishad della Tradizione Induista altro non è che il tentativo di comunicare queste verità: secondo la scuola dell’Advaita Vedanta il discepolo deve raggiungere la consapevolezza dell’identità del Se (Atman individuale) col principio universale (Brahman) e distruggere in tal modo la credenza illusoria dell’esistenza di qualcosa di esterno alla mente. Veda ed Upanishad furono scritti dai discepoli che avevano ascoltato le parole di quegli asceti che, dopo anni di meditazione in solitudine nelle foreste, avevano raggiunto l’Illuminazione.


Riportiamo solo due brevi frasi tratte dalle Upanishad: “Questo supremo Brahman, Atman universale, immensa dimora di tutto ciò che esiste, più sottile di ogni cosa sottile, costante: in verità é te stesso, perché Tu sei Quello” (Kaivalya Upanishad, I, 16). “Quando si é conosciuto l’Atman supremo, che riposa in un posto nascosto, senza parti e senza dualità, quale Testimone, esente dall’essere e dal non-essere, si perviene alla condizione dell’atman universale” (Kaivalya Upanishad II, 23-24).
Tra le vie che conducono alla Liberazione, forse il Buddismo è la più lucida e lineare. La seconda nobile verità recita così: “L’origine della nostra sofferenza è nella credenza dell’esistenza reale del proprio io. Questa è dovuta all’ attaccamento ad un mondo esterno che è altrettanto irreale. Questo attaccamento si manifesta come brama di esistere, brama di oggetti sensuali, ricerca della felicità in ciò che è transitorio . L’attaccamento è causato dall’ Ignoranza”.
Significativa è anche questa frase del Buddha: “Esiste, o monaci, un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato. Se non ci fosse questo non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, non si potrebbe scorgere via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato. Ma poiché, invece, c’è un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, si scorge una via di scampo dal nato, diventato, fatto, condizionato”.
Mi rendo conto che per molti lettori queste brevi riflessioni possano sembrare prive di senso, ma tu, mettiti in un luogo appartato, fai silenzio dentro di te e guarda gli oggetti “fuori” di te. Sii consapevole che sono dentro la tua mente.
Ora cammina per la stanza: dove credi di andare? Sei ancora nella tua mente. Chi è che pensa queste cose? Il tuo io? Ma non ti accorgi che il tuo io è solo l’aggregato di tutte queste cose che sono nella tua mente? Chi è allora il Testimone? Chi ha creato questa prigione?
[Non c’è nulla di nascosto che non debba essere rivelato e nulla di segreto che non debba essere conosciuto]. (Gesù di Nazareth).
deca

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